giovedì 26 febbraio 2009

FOLLIA


«Oggi è arrivata, proveniente da Firenze, una malata, una matta, giovane, fresca, alta, con lo stampo della salute fisica. Quando sono entrato nel reparto era seduta a letto e mangiava con golosità. Aveva la camicia aperta sì che le si vedeva comodamente un seno. Non aveva alcun pudore, neppure la finzione del pudore. È affetta da schizofrenia, quella malattia mentale che scompone la persona umana rendendola senza senso e senza scopo».


Recita cosi l'incipit di
"Le libere donne di Magliano"
diario di uno psichiatra, poeta e scrittore, scritto per dimostrare che anche i malati di mente sono creature degne di stima, rispetto e amore. A Magliano, ospedale psichiatrico di Lucca, le donne sono libere: una libertà dolorosa, senza dubbio, con i limiti di tutte le istituzioni totali; ma dove la tensione della fantasia, la manifestazione delle pulsioni, i vizi e le virtù di ogni donna sono rappresentati da Tobino, medico e credente, con un linguaggio espressivo molto pragmatico.
Non c'è una vero inizio del romanzo, come non c'e un’autentica fine: c'è soltanto una rimozione di coscienza e memoria. I paragrafi sembrano avere una loro vita abbastanza indipendente che esprime bene la fuga d’idee e i deliri dei malati che appaiono in quell’aura esaltata in forma di una suite di macchiette: velocissime apparizioni di sfondi in bianco e nero e vividi, vibranti, ritratti.

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