mercoledì 18 febbraio 2009

Le lettere di Nievo a Matilde Ferrari



Matilde! Matilde! Io l’amo come si può amare una donna! Io l’amo col trasporto della passione, coll’immensità dell’estasi! Ch’io la vegga un’ora sola, ch’io le parli un solo minuto, e più non chieggo a Dio perché quello è il mio Paradiso. Il mio amore è grande! Grande come il mio pensiero, esso diverrà eterno sol ch’ella lo voglia. Cosa posso io dirle di più! Nulla! Nulla… perché la favella degli uomini non può esprimere i sensi infiniti d’un’anima.

L’uomo che non ama è come un viandante smarrito in questa valle di lagrime; ogni sventura lo opprime, ogni pericolo lo atterrisce, ma quando egli sente un’anima che risponde ai gemiti del suo cuore, quando egli trova un seno in cui versare la piena de’ suoi affanni, allora egli è forte, allora egli cammina con passo sicuro, e non teme di sfidar il destino! Trovare, o Matilde, un’anima pura come la sua, ravvisare in lei lo specchio delle immagini più caste, dei pensieri più angelici e soavi, confidarsi in lei colla cieca fiducia della passione, raccogliere i suoi sospiri, sentirsi sulla guancia il profumo virginale del suo fiato, oh non è questo il Paradiso per l’uomo?

Oh quanto eran felici per me quei giorni di quiete e d’amore, in cui lo spirito della vastità delle campagne, s’inebriava di sogni, e beveva a sorsi, a sorsi il calice della felicità! Le ore ch’io passava vicino all’amor mio erano ore celesti, il resto della giornata non era che un eco indistinto, una reminiscenza di quelle ore beate! Se una parola usciva dalle labbra di Attilio, era per parlare di Orsola; se un canto, una melodia sfuggiva alla mia penna, era per rammentare Matilde! Dove sono quei giorni? Quei giorni non tornano più; ma perché non durerà sempre quell’affetto sì caro, quella fragranza di amore che li rendeva tanto sereni?

O amore! amore, vita della vita, anima dell’anima, perché mescere nella tua tazza tante amarezze e così pochi contenti? Quando verrà, o Matilde, il giorno ch’io sarò certo dell’amor suo? Dio voglia, che egli sia vicino, e ch’io possa dirle: Ecco i nostri destini uniti per sempre! Sì, per sempre; perché una promessa uscita dal mio labbro sarà mantenuta anche a prezzo di tutto il mio sangue, perché il mio amore è santo e leale!

Quando l’anima va spaziando leggera e contenta nell’ideale delle sue speranze, quando ella ama nel silenzio e nel raccoglimento, il balsamo della felicità si spande come per incanto sulla sua esistenza, ed ogni anelito del cuore è interprete allo spirito d’una voluttà di delizie. Fin dal primo giorno ch’io la vidi, o Matilde, un sentimento indefinito penetrò nella mitezza de’ miei affetti: conobbi allora che il mio avvenire era deciso, e sentii la vita che prima mi pesava come una noja, alleggerirsi e volare nei vortici del pensiero come l’ala d’un angelo. Il mio spirito s’era ingrandito: egli abbracciava tutto l’universo perché abbracciava l’amore.

Matilde! Matilde! E’ la prima volta ch’io amo!…. Deh lascia che io t’ami sempre!… Deh non distruggere questa speranza divina che si è incarnata con me! Lascia ch’io speri di poter unire un giorno la tua vita alla mia: Scrivimi una sola parola, una riga di conforto e sarò troppo felice! Perdona, se la passione detta le mie parole; perdona all’amor mio, e credi che se v’è uomo che brami di farti felice, se v’è uomo che ti possa essere riconoscente della tua compassione, quell’uomo son io! Matilde, Matilde! fa ch’io possa sempre chiamarmi

Il tuo Ippolito

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