sabato 3 ottobre 2009

Dal diario: L’enigma di Amedeo


Amedeo, il figlio del postino, era caduto in depressione. “Stavo per vivere l’amore, l’amore vero, e lei si è data a un altro.” Queste o pressappoco le parole che si riuscivano appena a decifrare, tanto il suo mormorio lamentoso era sommesso e disperatamente interiore.

Da alcune settimane si era messo sotto il grande tavolo della cucina e non voleva muoversi di lì.
Suo padre al mattino consegna la posta e sua madre fa le pulizie alla scuola e allora mi sono offerto di stare ogni giorno accanto al ragazzo, senza mai dirgli nulla, solo ogni tanto accarezzandogli delicatamente il capo o versandogli nel bicchiere dell’acqua fresca.
“Lo faccia bere, lo faccia bere tanto.” Pareva avesse consigliato il medico al padre.
Dopo una diecina di giorni di silenzio condiviso, appena interrotto di quando in quando dal suo sommesso borbottìo, Amedeo, d’improvviso, ha incominciato a parlarmi, con voce chiara e distesa.
“Non posso uscire di qui. Quando cammino per strada d’improvviso si aprono nell’asfalto delle vere e proprie voragini. La strada incomincia a scricchiolare e davanti a me appare un buio abissale.
Certo le prime volte ho rischiato di caderci dentro in queste gigantesche buche. Ma da quando mi sono messo qui sono al sicuro.”
Mi verrebbe voglia di dirgli che io, ogni giorno, venendo da lui, non ho visto aprirsi alcuna buca e la sola cosa cui fare attenzione sono le macchine e i motorini che sbucano da ogni parte. Preferisco continuare a tacere e ascoltare le sue rivelazioni.
“Vedevo la gente camminare senza entusiasmo lasciandosi inghiottire con indifferenza e rassegnazione dai crepacci che si aprivano nelle strade e nelle piazze.
Qualche volta cercavo di avvertirli del pericolo, ma nessuno sembrava udire la mia voce.”
La mamma di Amedeo, quando torna dal lavoro non fa che piangere sommessamente e sbriga le faccende di casa scostando continuamente le lacrime che le bagnano il viso.
Oggi sono riuscito ad avvicinarla sul balcone.
“Signora, lei sa dove abita la ragazza di cui parla suo figlio?”
“Quale ragazza, non c’è nessuna ragazza. Il fatto è che lui stava preparando uno degli ultimi esami e quando entravo in camera sua lo sorprendevo a parlare con una presenza invisibile che lui chiamava Nina.”
Ho riflettuto su questa informazione della madre di Amedeo.
Sono andato all’Università, facoltà di psicologia, e nel cortile affollato ho cominciato, camminando qua e là a chiamare “Nina.”
Di tanto in tanto qualche ragazza si girava verso di me con aria interrogativa ma non era adatta al mio scopo.
Finalmente ho incontrato la vera Nina. Le ho spiegato il mio piano e siamo andati a casa di Amedeo.
La ragazza si è chinata sotto il tavolo e ha detto:
“Amedeo, sono Nina. Cosa fai lì sotto?”
“Niente.Cercavo il coperchietto della penna, aspettami, vengo subito.”
I due sono usciti di casa insieme e si sono avviati giocando teneramente sul lungo viale e finalmente nessuna voragine si apriva più di fronte a loro.

Nessun commento:

Posta un commento