Nella povertà della notte sola,
Per me, solo, rifulgi,
Nella mia solitudine rifulgi;
Ma, per me, stella
Che mai non finirai d’illuminare,
Un tempo ti è concesso troppo breve,
Mi elargisci una luce
Che la disperazione in me
Non fa che acuire.
perduta e folle in un mondo di giusti (i matti sono sempre felici)




Tra i membri del cast:SILVANA MANGANO , (nella foto) Raf Vallone e Vittorio Gassman.
Walter ha rubato una preziosa collana ed è braccato dalla polizia.
Per sviare le indagini, decide di affidare la refurtiva alla sua fidanzata, Francesca.
L'incontro tra i due complici avviene in un'affollata stazione ferroviaria, luogo da cui partono le mondine per raggiungere le risaie.
Il piano è il seguente: mentre Francesca ha il compito di confondersi tra le mondine e nascondere la collana, Walter rimarrà nascosto per raggiungerla quando le acque si saranno calmate.
Silvana, una giovane e avvenente mondina che viaggia sullo stesso treno di Francesca, ha notato Walter e ne è rimasta affascinata. Silvana nutre anche il sospetto che i due amanti stiano nascondendo qualcosa. Silvana cerca di conquistarsi la fiducia di Francesca, per poter conoscere Walter. Diventano amiche.
Silvana scopre per caso la collana e durante un momento di confusione, la ruba. Quando Francesca si accorge che il gioiello è scomparso si dispera…

Le lettere ch'ha scritto Rosa mia
l'avrebbe d'abbrucia, ma nun ciò core:
le tengo chiuse drente a un tiratore
framezzo a li mazzetti de gaggia.
Fa tanto bene a ripensa a l'amore
ne li momenti de malinconia:
provi una spece de nun so che sia,
come un piacere de sentì dolore.
Ched'è? da che dipenne? Nun saprei:
ma so che 'st'impressione io me la sento
se rileggo le lettere de lei.
Se tu vedessi quante ce ne stanno!
Me n'avrà scritte armeno un quattrocento.
perché m'ha cojonato più d'un anno!

Nell'Italia distrutta dalla guerra, il cinema diventa agli occhi del mondo uno dei simboli della volontà di riscatto degli italiani
Con il neorealismo lo schermo è il punto di fusione perfetto tra finzione e realtà, come non era stato mai in nessun altro momento, se non forse alla sua nascita,
Cinecittà è inagibile e i cineasti scendono per le strade e là costruiscono i loro set, dimostrando al mondo che l'Italia intera è uno straordinario set naturale e i suoi abitanti sono capaci di raccontarsi in molte storie.
In Italia manca un'identità di concezione del mondo tra "scrittori" e "popolo"; cioè i sentimenti popolari non sono vissuti come propri dagli scrittori, né gli scrittori hanno una funzione "educatrice nazionale", cioè non si sono posti e non si pongono il problema di elaborare i sentimenti popolari dopo averli rivissuti e fatti propri [...].
In Italia, il termine "nazionale" ha un significato molto ristretto ideologicamente, e in ogni caso non coincide con "popolare", perché in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla "nazione", e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare o nazionale dal basso: la tradizione è "libresca" e astratta, e l'intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano".
PS.per illustrare i post si questa rubrica mi avvarrò di dipinti di impressioni italiani e di scene dei film che il hanno fatto neorealismo .

Invece tu, uomo Bianco,
Quando sei nato, eri Rosa.
Quando prendi il sole, sei Rosso.
Quando hai freddo, sei Blu.
Quando ti spaventi, sei Giallo.
Quando ti ammali, sei Verde.
E quando sarai morto, sarai Grigio.
E avresti ancora la sfacciataggine
Di chiamarmi Uomo di Colore?

Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.
Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;
Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.
Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Alcuni giorni mi moltiplico, altre volte
mi sottraggo fino a diventare zero.
Il lamento delle cicale è una fantastica danza
dello sfinimento e non aiuta a morire.
Neanche a vivere.
Sto come una cagna in calore aspettando
un osso da mordere o che cada la luna.

Mi perdo nel pensiero in cui vorrei morire
proietto l'amarezza sulle mura
canto un mito che e'illusione
io donna e bambina persa
conosco scherno e solitudine.
E' un pianto sommesso
un dolore acuto,
non verso lacrime,
non caccio urla,
sorrido e ingoio.
Stringe il cappio
ma non ne muoio.
E' un pianto sommesso
un dolore acuto.


Il signor Amore abitava al piano di sopra al mio….lo vedevo spesso giù in portineria .
Ritiravava la posta, sorrideva a tutti, a volte usciva con una coppia che portava a spasso la loro bimba appena nata.
A volte stava dietro di loro, a volte di lato, sembrava illuminasse la strada che la coppia con la bimba avrebbe percorso .
Mi e’ capitato di vederlo accovacciato sullo zerbino davanti alla porta dei signori al primo piano …lui li fuori e dall’appartamento uscivano urla strepiti e parolacce , lui triste lì seduto ( credo non sia mai riuscito ad entrare).
Una sera rientrando lo incontrai al posto del solito sorriso mi fece l’occhiolino, non ero sola , sorrisi e mi allontanai ….nel mese successivo lo vidi solo di sfuggita …fino a che una mattina un venerdì mattina era li in portineria …mi porse un fiore e sottovoce disse : io vado via qui ho finito, i signori con la bimba cambiano casa , al primo piano finiti i piatti si separeranno, e lei signora cara (sorridendo)…ma non fini la frase e fece per andare ..io timida e impacciata gli chiesi ed io?!?!?! E lui …non si preoccupi stasera lo saprà….
Da quel giorno non lo vidi più.

Zia Pigri…mi era stata descritta come una persona invadente, una di quelle che quando tu hai mille cose da fare, ti entra in casa senza nemmeno bussare, si piazza sul tuo divano e beffarda ti sorride : "Non avrai mica da fare?! Lascia perdere!". Parla, sorride, ammicca, attrae tutta l'attenzione su di sé e ti impedisce di fare alcunché , i miei parenti dicono non si sia mai sposata ..ma sembra vada con tutti…tranne con chi lavora nessuno sa quanti anni abbia, ma, io credo sia nata col mondo io non la conosco bene, incontri sporadici alle feste comandate. Si mormora io non le sia simpatica.
Altra cosa e’ zia Noia e’ cicciona, mangiona, sbuffa sempre e viene a trovarmi spesso soprattutto il sabato pomeriggio …mi offre sempre quelle sue fantastiche crostate al cioccolato ma io non posso mangiarle e mi segue passo, passo. Tutto sommato zia Noia mi piace; basta farla ingozzare ..e mi lascia fare ..ogni tanto bofonchia ,io faccio finta di non sentirla . Spesso sta con me per il fine settimana , al lunedì mattina canticchiando va via. Mi manca durante la settimana ma non la chiamo quasi mai, tanto lo so che al sabato sarà lei a venire da me.


Ahi che la Tigre,
la tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
La neve era sospesa tra la notte e le strade
Come il destino tra la mano e il fiore.
In un suono soave
Di campane diletto sei venuto…
Come una verga è fiorita la vecchiezza di queste scale.
O tenera tempesta
Notturna, volto umano!
(ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su te, sul mondo che il tuo passo richiude).

Tutto ci sfugge
tutto ci lascia
a volte violentemente
a volte piano piano,
in maniera subdola
un pò per giorno
finchè improvvisamente
ci si rende conto che non è più con noi
ma questo accade finchè non ne abbiamo coscienza
poi se vogliamo
lottiamo
si lotta per le cose che non vogliamo perdere
lottiamo contro le avversità
lottiamo anche contro noi stessi
si, perchè capita di perdere il lume del significato delle cose
si perde di vista il valore delle cose
e lottiamo per essere lucidi
coscienti
perchè la vita con parsimonia ci dà
perchè la vita con rapidità se lo riprende
la vita ci beffa
appena ci si distrae un attimo tac ce le toglie
come fosse stato un prestito temporaneo
offesa che non abbiamo saputo apprezzarlo
e non contenta poi ci prende in giro del dolore che patiamo
odio i poeti che si piangono addosso
delle cose che non torneranno
dei giorni perduti
andate affanculo
lottate o soccombete
ma fatelo in silenzio

Vorrei poter soffocare
nella stretta delle tue braccia
nell'amore ardente del tuo corpo
sul tuo volto, sulle tue membra struggenti
nel deliquio dei tuoi occhi profondi
perduti nel mio amore,
quest'acredine arida
che mi tormenta.
Ardere confuso in te disperatamente
quest'insaziabilità della mia anima
già stanca di tutte le cose
prima ancor di conoscerle
ed ora tanto esasperata
dal mutismo del mondo
implacabile a tutti i miei sogni
e dalla sua atrocità tranquilla
che mi grava terribile
e noncurante
e nemmeno più mi concede
la pacatezza del tedio
ma mi strazia tormentosamente
e mi pungola atroce,
senza lasciarmi urlare,
sconvolgendomi il sangue
soffocandomi atroce
in un silenzio che è uno spasimo
in un silenzio fremente.
Nell'ebrezza disperata
dell'amore di tutto il tuo corpo
e della tua anima perduta
vorrei sconvolgere e bruciarmi l'anima
sperdere quest'orrore
che mi strappa gli urli
e me li soffoca in gola
bruciarlo annichilirlo in un attimo
e stringermi a te
senza ritegno più
ciecamente, febbrile,
schiantandoti, d'amore.
Poi morire, morire,
con te.
Il giorno tetro
in cui dovrò solitario
morire (e verrà, senza scampo)
quel giorno piangerò
pensando che potevo
morire così nell'ebbrezza
di una passione ardente.
Ma per pietà d'amore
non l'ho voluto mai.
Per pietà del tuo povero amore
ho scelto, anima mia,
la via del più lungo dolore.
Cercò con la mano il corpo di Piera. Non c’era.
“Pronto, parlo con il figlio di Marta Valace?”
Ma che scherzo idiota. Chi si divertiva a farlo? Si destò quasi del tutto. Guardò l’orologio, erano le 19.
“Si…chi parla?”
“Sono il medico della rianimazione. Purtroppo devo darle una brutta notizia. Sua madre è venuta a mancare”
Era attonito e impaurito. Una voragine si spalancò sotto i suoi piedi.
Aveva sognato tutto? Non erano passate settimane ma solo poche ore? E Piera??? Non era vero che si amavano?
Guardò la metà del letto. Annusò il cuscino. Cercò un capello bruno, lungo….poi guardò la radiosveglia. 20 dicembre. Tutto gli crollò addosso. Sua madre se ne era andata e anche la donna della sua vita. L’aveva solo sognata. Non esisteva. O meglio, esisteva si, ma solo nella fantasia.
Si mise a piangere e non sapeva se le lacrime erano più copiose per la perdita della madre o per quella di un ipotetico amore. Aveva vissuto tutto il dramma di mesi di rianimazione in poche ore di sonno.
Quando giunse all’ospedale il suo corpo era stato già portato in obitorio.
E lui che sperava di incontrare Piera. Ma poi che illusione nutriva? Era stata tutta una sua proiezione onirica.
Guardava il corpo della madre. Era intatto, non gonfio e sfigurato come nel sogno, questa cosa lo rallegrò perché sapeva quanto ci tenesse alla sua immagine.
Mentre le lacrime sgorgavano dal suoi occhi azzurri, una mano si appoggiò sulla spalla.
Si voltò e rimase senza parole.
Era Piera. Possibile?? Che ci faceva lì se era stato tutto un sogno? Respinse a stento l’impulso di abbracciarla.
Lei dovette intuire dalla sua espressione, la perplessità che lo invadeva.
“Si domanderà che ci faccio qui.” Stava per asserire ma lei continuò “Mi spiace per essere stata scortese stamane. Abbiamo avuto una mattinata orribile e per carenza di personale non sono potuta andare via.” “Le stesse parole del sogno….” pensò
“Se può consolarla sua madre non ha sofferto…ha solo avuto il tempo di dirmi una cosa che dovevo riferirle. Ma, se non è il momento adatto…”
“Dimmi tutto per favore,…mi scusi per il tu….” Era la donna che amava e doveva darle del lei….?
“No figurati. Mi chiamo Piera piacere” disse porgendogli la mano
“Lo so!” voleva rispondere ma sarebbe stato preso per matto. Strinse con passione la sua mano e di nuovo lo sfarfallio si fece sentire. “Cosa ti ha detto?”
Lei assunse un aria incerta “ Per me non ha alcun senso, ma forse tu sai cosa intendesse dire con: dica a mio figlio che finalmente l’ha trovata”
I loro occhi non si staccarono. Lei era ipnotizzata dal suo sguardo.
Federico sorrise. Forse non tutto era perduto. Guardò la madre. Sorrideva anche lei.
“Spero di esserti stata utile.” La voce di Piera lo destò dall’incantesimo. Ora doveva trovare il modo di trattenerla ma fu lei a facilitargli il compito.
“Se hai bisogno di parlare, di avere dei chiarimenti o anche solo per sfogarti, mi puoi trovare in reparto.”
“Credo proprio che passerò domani. Voglio sapere tutto quello che è successo.”
Lei si voltò andandosene, ma non prima di rivolgere uno sguardo alla madre.
“Era una bella donna…”
“Si, una bella donna e una madre affettuosa; ha sempre provveduto a me, fino alla fine dei suoi giorni e anche nell’ultimo istante di vita, mi ha fatto un grande regalo.”
Non poteva dirle che il dono era lei… ma nel suo cuore nutriva la certezza che presto lo avrebbe saputo.


Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
Costantinos Kavafis:


E il tempo infatti passò.
Ogni giorno andava in ospedale e ogni giorno era la solita storia, le solite frasi di circostanza.
Man mano che il giorni passavano vedeva la madre trasformarsi. Era irriconoscibile. Si stava gonfiando a dismisura e dei bei lineamenti che le erano propri ormai ne rimanevano solo una lontana parvenza.
“E’ normale tutto ciò?” chiese all’infermiera non più strega, che aveva scoperto chiamarsi Piera.
“Si! Purtroppo l’immobilità e la patologia stessa tendono a far gonfiare il corpo.”
“Ti sembrerò cattivo….”esitò a confidarle quel pensiero ma lei era l’unica che, forse, avrebbe capito cosa stava per confessare “…ma certe volte vorrei che morisse….” rivelò, evitando di guardare quei due occhi che ora non sembravano più tanto orrendi come anche il suo naso.
“Non ti vergognare delle tue parole. Sai quante volte le ho sentite? Sai quante persone esultano perché salviamo il loro caro e dopo un po’, quando si rendono conto che si stanno decomponendo nel letto, domandano: perché non è morto subito? Oppure ci chiedono: ma non potete staccare i macchinari? Quindi i tuoi dubbi sono più che legittimi.”
Avrebbe voluto abbracciarla. Avrebbe voluto piangere tenendola stretta a se.
Questo pensiero lo turbò molto. Immaginare di abbracciarla le fece sentire uno sfarfallio allo stomaco. Ma la sensazione di fugace benessere venne interrotta dal suono del monitor.
Il cuore della madre cominciò a battere all’impazzata, quasi come il suo.
Uscì accompagnato da Piera.
“Stà morendo?”
“Può darsi. Come può essere una crisi passeggera.”
“Non so che fare, che pensare.”
Lei gli prese una mano e lui riebbe nello stomaco quello sfarfallio.
“Te lo ripeto. Non vergognarti dei tuoi pensieri. Faccio questo mestiere da tanti anni e ti posso assicurare che non è insensato quello che stai pensando, né da biasimare. Anzi, desiderare che il tuo caro si liberi da questo fardello è solo un atto di amore, volerlo tenere qui a soffrire è solo egoismo puro.”
Lui le strinse la mano tra le sue. Se ne andò a casa con nel cuore un misto di sentimenti.
Aveva ormai la certezza di provare qualcosa per quella donna che, in altre circostanze, non avrebbe degnato di un sguardo.. Nei giorni passati in ospedale lei, compatibilmente con i turni, era sempre stata presente, aveva una parola di conforto in ogni occasione.
Ma se il sentimento che nutriva fosse solo gratitudine? E, cosa ancora più importante, lei cosa provava??
La crisi della madre come aveva predetto Piera, fu passeggera. La cosa lo rallegrò. Ma ben presto si rese conto che il suo buonumore era dovuto al fatto che finché la madre era in vita lui l’avrebbe incontrata. Appena entrava in rianimazione la cercava oltre i vetri. E se si rendeva conto che non era di turno, la tristezza invadeva il suo animo. Guardava la madre e le confidava in un orecchio “Ti sarebbe piaciuta.” E non sapeva se era la sua immaginazione o se accadeva sul serio, ma ogni volta gli sembrava che lei accennasse un sorriso all’udire quelle parole.
E il giorno inevitabilmente arrivò.
Lui e Piera stavano parlando delle loro vite.
“Se non ci fossi stata tu in questo posto, tutto sarebbe stato più orribile.” le confidò arrossendo.
Lei lo guardò con dolcezza “Ti ringrazio, ma anche tu hai riempito la mia vita”
Quelle parole furono come un balsamo emolliente su una ferita dolorosa. Poteva abbracciarla?
Forse no, ma prenderle dolcemente la mano e baciarla, dopo essersi accertato che nessuno li vedesse, si.
“So che non avrai voglia di divertirti, ma se ti va stasera potremmo andare a mangiare qualcos..”
“Ne sarei contento” disse senza manco farle finire la frase.
Il telefono li destò che erano ancora abbracciati.
“Parlo con il figlio della signora Valace? Sono il medico della rianimazione…..”
“E’ morta!”
Piera lo abbracciò, baciandolo.
Sua madre se ne era andata, ma gli aveva fatto un regalo. Le aveva fatto conoscere quella che sarebbe stata e, ora ne era convinto, la donna della sua vita. Aveva sicuramente atteso di ascoltare quelle parole, di avere la sicurezza di non lasciarlo solo, prima di andarsene. Tutto ciò rese il distacco doloroso ma meno traumatico. Al funerale andò sorretto da una donna speciale.
Il pensiero volò al loro primo incontro e alla voglia di denunciarla se la madre fosse morta. Sorrise, mentre il prete dava l’estremo saluto. Lei lo guardò confusa “Un giorno, piccola mia, ti dirò perché sto sorridendo” pensò stringendole la mano.
Il trillo del cellulare lo svegliò che era madido di sudore nonostante fosse inverno.



Il trillo del cellulare lo svegliò che era matido di sudore nonostante fosse inverno.
“Parlo con il figlio di Marta Valace?”
Il cuore gli scoppiò nel petto…. era morta….?
“Si, sono io” ansimò
“Sono l’anestesista del reparto di rianimazione. Sua madre è peggiorata…volevo avvisarla che quando verrà, stasera, la troverà intubata”
“Si può spiegare meglio? Non è morta vero?”
“No…ma è subentrato un problema cerebrale ed è stato necessario sedarla e farla respirare con il ventilatore automatico. Volevo solo avvisarla di cosa troverà.” E riagganciò senza farlo parlare.
Andò su internet e scrisse nel motore di ricerca “Intubare”. Su wikipedia apprese di cosa si trattasse.
Le lacrime cominciarono a sgorgare prima un modo sommesso poi sempre più dirompente.
Se moriva sua madre, cosa avrebbe fatto? Lei era tutta la sua famiglia. Non aveva fratelli, né padre il quale era morto, quando lui aveva tre anni, di incidente sul lavoro.
Si era creato un legame tra loro indissolubile, legame fatto di complicità ed amicizia.
Con le donne aveva un rapporto conflittuale. Quando si accorgeva che la relazione stava diventando troppo coinvolgente, le lasciava. Questa fobia, a detta di un suo amico psicologo, nasceva dalla convinzione che anche lui sarebbe morto giovane. Persuaso da questa errata raffigurazione mentale,
usava la madre come alibi. Quando si stancava della relazione le chiedeva di recitare la parte della madre possessiva e gelosa in modo tale da passare, agli occhi della malcapitata di turno, come un uomo succube. Lei spesso non era d’accordo perché nutriva il sogno di vederlo sposato e di avere per casa dei nipotini. Ma Federico non ne voleva sapere. “ Fai così perché non hai incontrato quella giusta….non ti sei mai innamorato…” gli ripeteva. E forse, anzi, sicuramente aveva ragione.
L’orario di ingresso pomeridiano era alle 19. Si sentiva ancora più teso della mattina, perché aveva letto su internet che per far tollerare il tubo oro tracheale, il paziente doveva essere sedato.
E così la trovò.
Un paio di pompe infondevano il sedativo, mentre il ventilatore respirava al posto suo.
Pianse di nuovo. Una mano gli toccò una spalla. Era la strega. La guardò con astio, mentre lei accennò un debole sorriso.
“Mi spiace per essere stata scortese stamane. Abbiamo avuto una mattinata orribile e per carenza di personale non sono potuta andare via.” si giustificò
L’odio di Federico improvvisamente sparì. “ Che l’è successo” chiese sapendo che l’interlocutrice
era in difetto e che questo le avrebbe sciolto la lingua.
“Ha avuto una emorragia cerebrale. Non posso dirle di più….poi il medico le darà maggiori informazioni.”
“Sente dolore?”
“Assolutamente no! E’ profondamente sedata.”
Federico riprese a piangere e la strega-non più tanto strega, si allontanò lasciandolo solo con il suo dolore. Un po’ gli spiacque. Avrebbe voluto qualcuno che lo consolasse. Quando era colpito da qualche angustia a tranquillizzarlo era sempre la madre. “E ora, chi lo farà?” si domandò piangendo ancora più forte.
La non più strega, tornò con un bicchiere di acqua e delle garze che lui usò per asciugarsi le lacrime visto che, come al solito, aveva scordato i fazzolettini di carta.
Sorrise porgendoglieli, mentre avvicinava con un agile movimento del piede, uno sgabello.
“Si sieda.” ordinò cordialmente e lui docilmente obbedì.
“Grazie, è davvero gentile.”
L’orario era terminato e doveva distaccarsi da sua madre. Da una parte ne fu contento. Non sopportava più di vederla così. Lei che era stata sempre viva e in salute, lei che non sarebbe mai uscita di casa senza un filo di trucco e i capelli sapientemente acconciati. Ora era lì. Pallida, spettinata, morta.
Il medico disse che aveva una massiva emorragia cerebrale, inoperabile. Non gli diede nessuna speranza.
“Quanto resisterà?”
“Non posso dirglielo. Un ora come un mese…..”
Ogni volta che parlava con il medico le ultime parole gli restavano scolpite nella mente.
Un ora come un mese!
Un mese…..
E il tempo infatti passò.
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