venerdì 28 novembre 2008

Stella, mia unica stella


Stella, mia unica stella,
Nella povertà della notte sola,
Per me, solo, rifulgi,
Nella mia solitudine rifulgi;
Ma, per me, stella
Che mai non finirai d’illuminare,
Un tempo ti è concesso troppo breve,
Mi elargisci una luce
Che la disperazione in me
Non fa che acuire.

Ragazza d'acciaio


Ragazza d'acciaio non amavo nessuno al mondo
Non amavo nessuno eccetto colui che amavo
Il mio innamorato il mio amante colui che mi attraeva
Ora tutto è cambiato è lui che ha cessato
di
amarmi
Il mio innamorato che ha cessato di attirarmi sono io?

Non lo so e poi cosa cambia?

Sono ora stesa sulla paglia umida dell'amore
Tutta sola con tutti gli altri tutta sola
disperata
Ragazza di latta ragazza arrugginita
O amore amore mio morto o vivo

Voglio che tu ricordi del passato

Amore che mi amavi da me ricambiato.

Io, la rana


I filosofi ci hanno fornito un’utile metafora per rappresentare un particolare tipo di comportamento umano con la descrizione del fenomeno della rana che bolle. Il fenomeno è questo. Se gettate una rana in una pentola piena d’acqua bollente, essa tenterà ovviamente di uscirne in modo frenetico. Ma se la ponete con gentilezza in una pentola piena di acqua tiepida e regolate la fiamma sul minimo, essa se ne starà lì a galleggiare placidamente. Man mano che l’acqua si scalderà gradualmente, la rana sprofonderà in uno stato di tranquillo torpore, esattamente come farebbe uno di noi in un bagno caldo e, in breve tempo e con un sorriso sulle labbra, si lascerà bollire a morte senza opporre resistenza.

Mattino di pioggia
freschi silenzi
autunno avanza

giovedì 27 novembre 2008

Sensazioni da dipingere (a prosito d'amore)


Parole non dette come
impalpabile seta finissima
nelle sfumature
acquose su tela nera negli
schizzi tenui del tempo che non sarà.
Pennellate intrise di ricordi (pochi)
impressionano il foglio
delle immagini più lievi

sfumature delicate
odorose di
sogni
e serena gaiezza
negli scatti in bianco e nero
dell'anima in tumulto
e del desiderio di te.

mercoledì 26 novembre 2008

Sonno


Il tramonto pigro
complice
della tua
apatia
ti ha appesantito
le palpebre
e intorno a te è venuta
sera
e poi giorno
e poi ancora sera
e il sonno
tuo dio
ha avuto ragione
sull'ira e l'apatia

Riso amaro


Film culto del 1949, girato quasi interamente nelle campagne vercellesi , che vede come protagoniste un gruppo di mondine.

Tra i membri del cast:SILVANA MANGANO , (nella foto) Raf Vallone e Vittorio Gassman.

Trama del film.

Walter ha rubato una preziosa collana ed è braccato dalla polizia.
Per sviare le indagini, decide di affidare la refurtiva alla sua fidanzata, Francesca.
L'incontro tra i due complici avviene in un'affollata stazione ferroviaria, luogo da cui partono le mondine per raggiungere le risaie.
Il piano è il seguente: mentre Francesca ha il compito di confondersi tra le mondine e nascondere la collana, Walter rimarrà nascosto per raggiungerla quando le acque si saranno calmate.

Silvana, una giovane e avvenente mondina che viaggia sullo stesso treno di Francesca, ha notato Walter e ne è rimasta affascinata. Silvana nutre anche il sospetto che i due amanti stiano nascondendo qualcosa. Silvana cerca di conquistarsi la fiducia di Francesca, per poter conoscere Walter. Diventano amiche.

Silvana scopre per caso la collana e durante un momento di confusione, la ruba. Quando Francesca si accorge che il gioiello è scomparso si dispera…

martedì 25 novembre 2008

Le lettere de Rosa mia



Le lettere ch'ha scritto Rosa mia
l'avrebbe d'abbrucia, ma nun ciò core:
le tengo chiuse drente a un tiratore
framezzo a li mazzetti de gaggia.
Fa tanto bene a ripensa a l'amore
ne li momenti de malinconia:
provi una spece de nun so che sia,
come un piacere de sentì dolore.
Ched'è? da che dipenne? Nun saprei:
ma so che 'st'impressione io me la sento
se rileggo le lettere de lei.
Se tu vedessi quante ce ne stanno!
Me n'avrà scritte armeno un quattrocento.
perché m'ha cojonato più d'un anno!

Neorealismo Italiano


Il Neorealismo Italiano, di fatto non è una vera e propria scuola cinematografica, perché è privo di manifesti, programmi e documenti fondativi.
Ciò che accomuna questi artisti è un atteggiamento nuovo di fronte al ruolo del Cinema in un momento drammatico come quello del dopoguerra e della ricostruzione.

Nell'Italia distrutta dalla guerra, il cinema diventa agli occhi del mondo uno dei simboli della volontà di riscatto degli italiani

Con il neorealismo lo schermo è il punto di fusione perfetto tra finzione e realtà, come non era stato mai in nessun altro momento, se non forse alla sua nascita,

Cinecittà è inagibile e i cineasti scendono per le strade e là costruiscono i loro set, dimostrando al mondo che l'Italia intera è uno straordinario set naturale e i suoi abitanti sono capaci di raccontarsi in molte storie.

Produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal tetto [...]. Eppure nei teatri di posa italiani si continua a girare film. Meraviglia come soltanto ora, che non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponda a quello che è l'animo del paese. [...] Cinecittà, ieri così lussuosa, oggi è diventata un campo di concentramento di profughi. Come se non bastasse la maggior parte degli impianti sono stati trasportati al nord. Restano solo quelle macchine da presa e quei riflettori che alcuni cineasti di buona volontà seppero nascondere[...]




“Cinema italiano, Manca tutto ma si lavora lo stesso” dalla rivista in Mondo Nuovo,I, n1, 19 marzo1945, pag24


Per quanto riguarda la letteratura ANTONIO GRAMSCI si esprimeva cosi:

In Italia manca un'identità di concezione del mondo tra "scrittori" e "popolo"; cioè i sentimenti popolari non sono vissuti come propri dagli scrittori, né gli scrittori hanno una funzione "educatrice nazionale", cioè non si sono posti e non si pongono il problema di elaborare i sentimenti popolari dopo averli rivissuti e fatti propri [...].
In Italia, il termine "nazionale" ha un significato molto ristretto ideologicamente, e in ogni caso non coincide con "popolare", perché in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla "nazione", e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare o nazionale dal basso: la tradizione è "libresca" e astratta, e l'intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano".



PS.per illustrare i post si questa rubrica mi avvarrò di dipinti di impressioni italiani e di scene dei film che il hanno fatto neorealismo .


Avviso ai naviganti

Oggi inauguro una nuova rubrica sul blog, un po' per accontentare Francesca Filippa, un pò per dimostrarle che di qualsiasi argomento noi decidiamo di parlare e' d'amore che parliamo....
da oggi e per qualche settimana parleremo di cinema e letteratura neorealista, ovviamente invito Francesca Filippa a contribuire cosi come tutti i naviganti che vorranno farlo

Perdutamente Follemente vostra
Lisa

DUBBI DI UN ABORIGENO




Caro uomo Bianco,
Ci sono alcune cose che dovresti sapere.
Io, quando sono nato, ero Nero.
Quando prendo il sole, sono Nero.
Quando ho freddo, sono Nero.
Quando mi spavento, sono Nero.
E quando sarò morto, sarò Nero.


Invece tu, uomo Bianco,
Quando sei nato, eri Rosa.
Quando prendi il sole, sei Rosso.
Quando hai freddo, sei Blu.
Quando ti spaventi, sei Giallo.
Quando ti ammali, sei Verde.
E quando sarai morto, sarai Grigio.
E avresti ancora la sfacciataggine

Di chiamarmi Uomo di Colore?

sabato 22 novembre 2008

Le conchiglie


Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.

Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.

.............


Alcuni giorni mi moltiplico, altre volte

mi sottraggo fino a diventare zero.

Il lamento delle cicale è una fantastica danza

dello sfinimento e non aiuta a morire.

Neanche a vivere.

Sto come una cagna in calore aspettando

un osso da mordere o che cada la luna.

.......


Mi perdo nel pensiero in cui vorrei morire

proietto l'amarezza sulle mura

canto un mito che e'illusione

io donna e bambina persa

conosco scherno e solitudine.


E' un pianto sommesso

un dolore acuto,

non verso lacrime,

non caccio urla,

sorrido e ingoio.

Stringe il cappio

ma non ne muoio.


E' un pianto sommesso

un dolore acuto.

venerdì 21 novembre 2008


Nel presente scandito
dal tempo.
Colpevole di averti,
il respiro, il pensiero,
i ricordi,
le stampe in bianco e nero,
i lampi del destino,
il senso del domani,
le storie impertinenti,
i giorni sconsolati
e quelli più ridenti,
il sonno che non prende,
le borse sotto gli occhi,
la mano che ti stringe,
le offese,
le lusinghe,
il coraggio,
la pazienza,
il buio di una stanza,
un tenero messaggio,
un velo di tristezza,
uno sguardo,
la pioggia che ci bagna,
la festa,
l’allegria,
le foglie dell’autunno,
la malinconia,
una trapunta morbida,
un foglio vola via,
il calendario appeso.
Il tempo
non ha spazio,
saremo ancora insieme,
questo è volersi bene!

L'inquilino del terzo piano



Il signor Amore abitava al piano di sopra al mio….lo vedevo spesso giù in portineria .

Ritiravava la posta, sorrideva a tutti, a volte usciva con una coppia che portava a spasso la loro bimba appena nata.

A volte stava dietro di loro, a volte di lato, sembrava illuminasse la strada che la coppia con la bimba avrebbe percorso .

Mi e’ capitato di vederlo accovacciato sullo zerbino davanti alla porta dei signori al primo piano …lui li fuori e dall’appartamento uscivano urla strepiti e parolacce , lui triste lì seduto ( credo non sia mai riuscito ad entrare).

Una sera rientrando lo incontrai al posto del solito sorriso mi fece l’occhiolino, non ero sola , sorrisi e mi allontanai ….nel mese successivo lo vidi solo di sfuggita …fino a che una mattina un venerdì mattina era li in portineria …mi porse un fiore e sottovoce disse : io vado via qui ho finito, i signori con la bimba cambiano casa , al primo piano finiti i piatti si separeranno, e lei signora cara (sorridendo)…ma non fini la frase e fece per andare ..io timida e impacciata gli chiesi ed io?!?!?! E lui …non si preoccupi stasera lo saprà….

Da quel giorno non lo vidi più.

Zia Pigri e zia Noia


Zia Pigri…mi era stata descritta come una persona invadente, una di quelle che quando tu hai mille cose da fare, ti entra in casa senza nemmeno bussare, si piazza sul tuo divano e beffarda ti sorride : "Non avrai mica da fare?! Lascia perdere!". Parla, sorride, ammicca, attrae tutta l'attenzione su di sé e ti impedisce di fare alcunché , i miei parenti dicono non si sia mai sposata ..ma sembra vada con tutti…tranne con chi lavora nessuno sa quanti anni abbia, ma, io credo sia nata col mondo io non la conosco bene, incontri sporadici alle feste comandate. Si mormora io non le sia simpatica.

Altra cosa e’ zia Noia e’ cicciona, mangiona, sbuffa sempre e viene a trovarmi spesso soprattutto il sabato pomeriggio …mi offre sempre quelle sue fantastiche crostate al cioccolato ma io non posso mangiarle e mi segue passo, passo. Tutto sommato zia Noia mi piace; basta farla ingozzare ..e mi lascia fare ..ogni tanto bofonchia ,io faccio finta di non sentirla . Spesso sta con me per il fine settimana , al lunedì mattina canticchiando va via. Mi manca durante la settimana ma non la chiamo quasi mai, tanto lo so che al sabato sarà lei a venire da me.

mercoledì 19 novembre 2008

.....



L'alba è vicina
pronta a raccogliere i cocci
di un sogno,
in questa notte
di ingombranti presenze
e memorie sbiadite.

Questi assurdi spostamenti del cuore


« Dentro le nostre vite gironzola una certa accettazione
di tutto e di tutti, direi una specie di quiete emotiva,
dove il sentire, dove l’odio e l’amore appaiono a tratti
e per la durata di un attimo...
Non so se la gente senta di meno. Sembrerebbe, ma non ne sono sicuro.
Chissà se c’è un modo per capire a che punto stanno i nostri sentimenti?»



«E capire che le cose fondamentali sono poche, semplici. E imparare a vivere veramente cominciando da noi due:un uomo e una donna»;

Io, per me, ogni volta che dico a una donna “Ti amo”, non so mai se è vero, e quanto. Certo, il delirio di mentire e credere è una cosa che si prende cosí… come il raffreddore. Questo non vorrebbe dire. Quello che per me conta è sapere quanto si finge e quanto si fa sul serio. Perché è proprio da lí, da questa pulizia del sentire, che si può trovare il coraggio di ridare un’occhiata al mondo».


"Sono citazioni daimonologhi di Giorgio Gaber scritti per il palcoscenico sono in realtà lunghi e intriganti racconti che rendono «vivi» i personaggi che ne sono protagonisti.
Questa antologia ne mette assieme quattro tra i piú significativi, scritti da Gaber con Sandro Luporini.
Il dio bambino è la storia di un amore che incomincia bene, affonda nell’indifferenza e si sfalda, per poi ritrovare una sua verità nella nascita di un figlio.
Il caso di Alessandro e Maria è un dialogo intimo, lieve e drammatico come potrebbero essere i sussurri e le violenze di un interno borghese, frammenti di un discorso con sfumature d’assurdo e comicità leggera.
Parlami d’amore Mariú, brevi atti unici in forma monologica, è un’ampia indagine sui sentimenti
e sulla vita. Per finire con Il Grigio, storia di un quarantacinquenne che, disgustato dalla realtà che lo circonda, si rifugia in campagna in cerca di pace, ma è costretto a ingaggiare una lotta comica, metodica quanto inutile, contro un topo sempre piú disinibito, al punto di farsi la doccia nel lavandino del padrone di casa.
Si parla di «spostamenti del cuore»; si parla, per dirla con lo stesso Gaber, «d’amore,
non quello per il mondo… quell’altro.

La tigre assenza,


Ahi che la Tigre,
la tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…

La neve era sospesa tra la notte e le strade
Come il destino tra la mano e il fiore.

In un suono soave
Di campane diletto sei venuto…
Come una verga è fiorita la vecchiezza di queste scale.
O tenera tempesta
Notturna, volto umano!

(ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su te, sul mondo che il tuo passo richiude).

lunedì 17 novembre 2008

Lottate


Tutto ci sfugge

tutto ci lascia

a volte violentemente

a volte piano piano,

in maniera subdola

un pò per giorno

finchè improvvisamente

ci si rende conto che non è più con noi

ma questo accade finchè non ne abbiamo coscienza

poi se vogliamo

lottiamo

si lotta per le cose che non vogliamo perdere

lottiamo contro le avversità

lottiamo anche contro noi stessi

si, perchè capita di perdere il lume del significato delle cose

si perde di vista il valore delle cose

e lottiamo per essere lucidi

coscienti

perchè la vita con parsimonia ci dà

perchè la vita con rapidità se lo riprende

la vita ci beffa

appena ci si distrae un attimo tac ce le toglie

come fosse stato un prestito temporaneo

offesa che non abbiamo saputo apprezzarlo

e non contenta poi ci prende in giro del dolore che patiamo

odio i poeti che si piangono addosso

delle cose che non torneranno

dei giorni perduti

andate affanculo

lottate o soccombete

ma fatelo in silenzio

sabato 15 novembre 2008

venerdì 14 novembre 2008

A volte tornano




Mostri, demoni, vampiri: tutti tornano o rinascono prima o poi.
Senza sorpresa alcuna, li accogli e stranamente non fanno più paura,
e non c'è rabbia , non c'è rancore.
Il risentimento viene soppiantato dall'umana comprensione e dal distacco
I mostri i demoni e i vampiri stavolta hanno perso...
io sono ancora ostinatamente viva.

giovedì 13 novembre 2008

Senza parole

Vorrei poter soffocare

Vorrei poter soffocare
nella stretta delle tue braccia
nell'amore ardente del tuo corpo
sul tuo volto, sulle tue membra struggenti
nel deliquio dei tuoi occhi profondi
perduti nel mio amore,
quest'acredine arida
che mi tormenta.
Ardere confuso in te disperatamente
quest'insaziabilità della mia anima
già stanca di tutte le cose
prima ancor di conoscerle
ed ora tanto esasperata
dal mutismo del mondo
implacabile a tutti i miei sogni
e dalla sua atrocità tranquilla
che mi grava terribile
e noncurante
e nemmeno più mi concede
la pacatezza del tedio
ma mi strazia tormentosamente
e mi pungola atroce,
senza lasciarmi urlare,
sconvolgendomi il sangue
soffocandomi atroce
in un silenzio che è uno spasimo
in un silenzio fremente.
Nell'ebrezza disperata
dell'amore di tutto il tuo corpo
e della tua anima perduta
vorrei sconvolgere e bruciarmi l'anima
sperdere quest'orrore
che mi strappa gli urli
e me li soffoca in gola
bruciarlo annichilirlo in un attimo
e stringermi a te
senza ritegno più
ciecamente, febbrile,
schiantandoti, d'amore.
Poi morire, morire,
con te.

Il giorno tetro
in cui dovrò solitario
morire (e verrà, senza scampo)
quel giorno piangerò
pensando che potevo
morire così nell'ebbrezza
di una passione ardente.
Ma per pietà d'amore
non l'ho voluto mai.
Per pietà del tuo povero amore
ho scelto, anima mia,
la via del più lungo dolore.

mercoledì 12 novembre 2008

Amorevole sogno….sognante amore ( quarta parte)


Cercò con la mano il corpo di Piera. Non c’era.

“Pronto, parlo con il figlio di Marta Valace?”

Ma che scherzo idiota. Chi si divertiva a farlo? Si destò quasi del tutto. Guardò l’orologio, erano le 19.

“Si…chi parla?”

“Sono il medico della rianimazione. Purtroppo devo darle una brutta notizia. Sua madre è venuta a mancare”

Era attonito e impaurito. Una voragine si spalancò sotto i suoi piedi.

Aveva sognato tutto? Non erano passate settimane ma solo poche ore? E Piera??? Non era vero che si amavano?

Guardò la metà del letto. Annusò il cuscino. Cercò un capello bruno, lungo….poi guardò la radiosveglia. 20 dicembre. Tutto gli crollò addosso. Sua madre se ne era andata e anche la donna della sua vita. L’aveva solo sognata. Non esisteva. O meglio, esisteva si, ma solo nella fantasia.

Si mise a piangere e non sapeva se le lacrime erano più copiose per la perdita della madre o per quella di un ipotetico amore. Aveva vissuto tutto il dramma di mesi di rianimazione in poche ore di sonno.

Quando giunse all’ospedale il suo corpo era stato già portato in obitorio.

E lui che sperava di incontrare Piera. Ma poi che illusione nutriva? Era stata tutta una sua proiezione onirica.

Guardava il corpo della madre. Era intatto, non gonfio e sfigurato come nel sogno, questa cosa lo rallegrò perché sapeva quanto ci tenesse alla sua immagine.

Mentre le lacrime sgorgavano dal suoi occhi azzurri, una mano si appoggiò sulla spalla.

Si voltò e rimase senza parole.

Era Piera. Possibile?? Che ci faceva lì se era stato tutto un sogno? Respinse a stento l’impulso di abbracciarla.

Lei dovette intuire dalla sua espressione, la perplessità che lo invadeva.

“Si domanderà che ci faccio qui.” Stava per asserire ma lei continuò “Mi spiace per essere stata scortese stamane. Abbiamo avuto una mattinata orribile e per carenza di personale non sono potuta andare via.” “Le stesse parole del sogno….” pensò

“Se può consolarla sua madre non ha sofferto…ha solo avuto il tempo di dirmi una cosa che dovevo riferirle. Ma, se non è il momento adatto…”

“Dimmi tutto per favore,…mi scusi per il tu….” Era la donna che amava e doveva darle del lei….?

“No figurati. Mi chiamo Piera piacere” disse porgendogli la mano

“Lo so!” voleva rispondere ma sarebbe stato preso per matto. Strinse con passione la sua mano e di nuovo lo sfarfallio si fece sentire. “Cosa ti ha detto?”

Lei assunse un aria incerta “ Per me non ha alcun senso, ma forse tu sai cosa intendesse dire con: dica a mio figlio che finalmente l’ha trovata”

I loro occhi non si staccarono. Lei era ipnotizzata dal suo sguardo.

Federico sorrise. Forse non tutto era perduto. Guardò la madre. Sorrideva anche lei.

“Spero di esserti stata utile.” La voce di Piera lo destò dall’incantesimo. Ora doveva trovare il modo di trattenerla ma fu lei a facilitargli il compito.

“Se hai bisogno di parlare, di avere dei chiarimenti o anche solo per sfogarti, mi puoi trovare in reparto.”

“Credo proprio che passerò domani. Voglio sapere tutto quello che è successo.”

Lei si voltò andandosene, ma non prima di rivolgere uno sguardo alla madre.

“Era una bella donna…”

“Si, una bella donna e una madre affettuosa; ha sempre provveduto a me, fino alla fine dei suoi giorni e anche nell’ultimo istante di vita, mi ha fatto un grande regalo.”

Non poteva dirle che il dono era lei… ma nel suo cuore nutriva la certezza che presto lo avrebbe saputo.


Ingeborg Bachmann


..ma i pochi passi di letteratura che mi hanno sempre suscitato un’emozione per me sono la vita. E non sono frasi che cito perché mi sono piaciute tanto, perché sono belle o significative, ma perché mi hanno veramente emozionata. Proprio come la vita.

Avviso ai naviganti

Ribadendo che, chiunque si trovi casualmente o scientemente a visitare questo blog e' sicuramente il benvenuto, e' gradita la collaborazione di tutti coloro volessero apportare un loro contributo al fine di migliorare e far crescere il blog stesso, cosi come le critiche e gli eventuali consigli.
Tengo a precisare che vorrei che i commenti non avessero carattere personale, a tale scopo ritengo possiate e io stessa possa usare altri mezzi.
Mi piacerebbe che il blog conservasse le sue peculiarità , che nascono dalla mia personale esigenza di espressione e comprensione, per la quale non ritengo sia indispensabile mantenere un unico registro di comunicazione, per la quale qualsiasi tipo di narrazione dalla poesia al concetto filosofico, alle personali considerazioni è indubbiamente efficace ,mentre ritengo necessario mantenere il confronto sui contenuti . GRAZIE

L'orizzonte


E torno a parlarti di me e di come sono arrivata a me , a noi.
Di quel percorso tortuoso, di quelle mete raggiunte dei sogni svaniti nella foschia di albe mai rischiarate dal sole.
Ti parlo ancora di ciò che ho avuto , di ciò che ho e che vorrei.
Ti parlo e tu sorridi come se sapessi gia', come se tu fossi già li in quel tempo in cui tutto di me accadeva fuori di me.
E in quel sorriso leggo che tu già sapevi di me prima ancora ch'io stessa mi trovassi.
E ti parlo e mi parli, le parole si sovrappongono a voler sostituire i baci, le mie, le tue idee che si baciano.
Nessuna sorpresa quando la sensazione e' la stessa,
è un fatto.
L'autunno ha di nuovo i colori che sanno di vita.

E non ti parlo più.
Guardo ormai con i tuoi occhi il mio orizzonte,
senza albe fosche e senza piu confini.

E se non puoi la vita che desideri


E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.



Costantinos Kavafis:
I temi principali della poesia di Constantinos sono il ricordo, la nostalgia, la vita che sfugge, l'amore omosessuale, l'ironia, il disincanto, la morte, la compassione; al centro delle sue poesie vi sono sempre uomini e donne con i loro sentimenti, i loro dilemmi, la loro umana pietà. La bellezza delle sue liriche è stupefacente: con poche, scarne parole Constantinos sa evocare tutto un mondo tumultuoso.



martedì 11 novembre 2008

A proposito di donne Viola Fischerová


Non insistere su quella
che eri
Quelle linee intorno alla bocca
non sono sporcizia
qualcosa si sfascia
e qualcosa appare
La tua amara caparbietà
dove mancavano le lacrime

$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$

Adesso
solo quando ti addormenti
ti raggomitoli ancora
e di giorno un gatto
e di notte i sogni
ti rivelano
quel che calpesti
quel che non sai
e quel che desideri

$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$

E questa sono io?
Senza fame non sazia

senza vestiti non nuda

sola sotto le ali di un cigno nero
con cui sei una cosa sola

La storia del mercante e del pappagallo



C'era una volta un mercante che teneva un pappagallo in gabbia. Il suo lavoro lo indusse a partire per l'India, e allora chiese al suo pappagallo se avesse un qualche messaggio per i suoi simili di quel continente. Il pappagallo si limitò a rispondere: "Dì loro che me ne sto chiuso in una gabbia". Il mercante diede la sua parola di messaggero, e trasmise il messaggio al primo gruppo di pappagalli che incontrò sul suolo indiano. Udite quelle parole, uno di loro cadde a terra e ne morì immediatamente. Tornato in patria, il mercante accusò il pappagallo di averlo reso latore di un messaggio mortifero, ma appena ebbe ascoltato questo rimprovero anche il pappagallo del mercante cadde a terra morto, proprio come il suo simile indiano. A quel punto il mercante tolse il cadavere del pappagallo dalla gabbia e fece il gesto di gettarlo via, quand'esso riprese invece vita e fuggì volando, spiegando che il pappagallo indiano si era limitato ad indicargli la morte come via di fuga dalla gabbia.

lunedì 10 novembre 2008

Amorevole sogno….sognante amore (terza parte)


E il tempo infatti passò.

Ogni giorno andava in ospedale e ogni giorno era la solita storia, le solite frasi di circostanza.

Man mano che il giorni passavano vedeva la madre trasformarsi. Era irriconoscibile. Si stava gonfiando a dismisura e dei bei lineamenti che le erano propri ormai ne rimanevano solo una lontana parvenza.

“E’ normale tutto ciò?” chiese all’infermiera non più strega, che aveva scoperto chiamarsi Piera.

“Si! Purtroppo l’immobilità e la patologia stessa tendono a far gonfiare il corpo.”

“Ti sembrerò cattivo….”esitò a confidarle quel pensiero ma lei era l’unica che, forse, avrebbe capito cosa stava per confessare “…ma certe volte vorrei che morisse….” rivelò, evitando di guardare quei due occhi che ora non sembravano più tanto orrendi come anche il suo naso.

“Non ti vergognare delle tue parole. Sai quante volte le ho sentite? Sai quante persone esultano perché salviamo il loro caro e dopo un po’, quando si rendono conto che si stanno decomponendo nel letto, domandano: perché non è morto subito? Oppure ci chiedono: ma non potete staccare i macchinari? Quindi i tuoi dubbi sono più che legittimi.”

Avrebbe voluto abbracciarla. Avrebbe voluto piangere tenendola stretta a se.

Questo pensiero lo turbò molto. Immaginare di abbracciarla le fece sentire uno sfarfallio allo stomaco. Ma la sensazione di fugace benessere venne interrotta dal suono del monitor.

Il cuore della madre cominciò a battere all’impazzata, quasi come il suo.

Uscì accompagnato da Piera.

“Stà morendo?”

“Può darsi. Come può essere una crisi passeggera.”

“Non so che fare, che pensare.”

Lei gli prese una mano e lui riebbe nello stomaco quello sfarfallio.

“Te lo ripeto. Non vergognarti dei tuoi pensieri. Faccio questo mestiere da tanti anni e ti posso assicurare che non è insensato quello che stai pensando, né da biasimare. Anzi, desiderare che il tuo caro si liberi da questo fardello è solo un atto di amore, volerlo tenere qui a soffrire è solo egoismo puro.”

Lui le strinse la mano tra le sue. Se ne andò a casa con nel cuore un misto di sentimenti.

Aveva ormai la certezza di provare qualcosa per quella donna che, in altre circostanze, non avrebbe degnato di un sguardo.. Nei giorni passati in ospedale lei, compatibilmente con i turni, era sempre stata presente, aveva una parola di conforto in ogni occasione.

Ma se il sentimento che nutriva fosse solo gratitudine? E, cosa ancora più importante, lei cosa provava??

La crisi della madre come aveva predetto Piera, fu passeggera. La cosa lo rallegrò. Ma ben presto si rese conto che il suo buonumore era dovuto al fatto che finché la madre era in vita lui l’avrebbe incontrata. Appena entrava in rianimazione la cercava oltre i vetri. E se si rendeva conto che non era di turno, la tristezza invadeva il suo animo. Guardava la madre e le confidava in un orecchio “Ti sarebbe piaciuta.” E non sapeva se era la sua immaginazione o se accadeva sul serio, ma ogni volta gli sembrava che lei accennasse un sorriso all’udire quelle parole.

E il giorno inevitabilmente arrivò.

Lui e Piera stavano parlando delle loro vite.

“Se non ci fossi stata tu in questo posto, tutto sarebbe stato più orribile.” le confidò arrossendo.

Lei lo guardò con dolcezza “Ti ringrazio, ma anche tu hai riempito la mia vita”

Quelle parole furono come un balsamo emolliente su una ferita dolorosa. Poteva abbracciarla?

Forse no, ma prenderle dolcemente la mano e baciarla, dopo essersi accertato che nessuno li vedesse, si.

“So che non avrai voglia di divertirti, ma se ti va stasera potremmo andare a mangiare qualcos..”

“Ne sarei contento” disse senza manco farle finire la frase.

Il telefono li destò che erano ancora abbracciati.

“Parlo con il figlio della signora Valace? Sono il medico della rianimazione…..”

“E’ morta!”

Piera lo abbracciò, baciandolo.

Sua madre se ne era andata, ma gli aveva fatto un regalo. Le aveva fatto conoscere quella che sarebbe stata e, ora ne era convinto, la donna della sua vita. Aveva sicuramente atteso di ascoltare quelle parole, di avere la sicurezza di non lasciarlo solo, prima di andarsene. Tutto ciò rese il distacco doloroso ma meno traumatico. Al funerale andò sorretto da una donna speciale.

Il pensiero volò al loro primo incontro e alla voglia di denunciarla se la madre fosse morta. Sorrise, mentre il prete dava l’estremo saluto. Lei lo guardò confusa “Un giorno, piccola mia, ti dirò perché sto sorridendo” pensò stringendole la mano.


Il trillo del cellulare lo svegliò che era madido di sudore nonostante fosse inverno.


Né mistero né dolore


Né mistero né dolore
né volontà sapiente del destino:
sempre quell'incontrarci ci lasciava
l'impressione di una lotta.

Ed io, indovinato dal mattino
l'attimo del tuo arrivo,
percepivo nei palmi socchiusi
il morso leggero di un tremito.

Con dita arse sgualcivo
la variopinta tovaglia del tavolo...
Capivo fin da allora
quanto è angusta questa terra

Donne del nostro tempo


Stamane mi sono svegliata con tante idee nuove ,
so già che qualcuno dei lettori che mi conosce sorride.
Una delle idee di oggi è quella di inaugurare una nuova rubrica sul blog.
Una rubrica che parli di donne del nostro tempo , donne che lavorano, di donne che pensano e faticano , di donne che amano e piangono .
Una rubrica in cui sono invitati anche gli uomini ad esprimersi.
Parallelamente mi piacerebbe con la collaborazione di chi ne avesse voglia aprire una sezione dedicata agli uomini , a quegli uomini che io chiamo veri ...uomini che sanno ammettere l'errore uomini che non hanno paura d'amare, quegli uomini per i quali le donne sono compagne di viaggio...chi mi aiuta?

La mano del mio angelo


Solo una mano d'angelo
intatta di sé, del suo amore per sé,
potrebbe
offrirmi la concavità del suo palmo
perché vi riversi il mio pianto...

Donne


Sul lavoro, nelle relazioni, nel rapporto con loro stesse: cosa c'è di nuovo oggi?
Come si è evoluta la figura femminile nel tempo.
E quali aspetti, attitudini, valori sono invece rimasti immutati?
propongo un sondaggio,per capire e capirci.
Votate e fate votare

sabato 8 novembre 2008

Maram al Masri...


....

......è una poetessa e scrittrice siriana. Vive a Parigi dal 1982.
E' una delle mie scoperte casuali che mi riappacificano con il mondo delle donne.
apprezzo la scioltezza dei suoi versi e la fresca concretezza con cui racconta amore odio e gelosia:

Ha due donne,
una dorme nel suo letto
l'altra dorme in quello del suo sogno.
Ha due donne che l'amano
una invecchia vicino a lui
l'altra gli offre la sua gioventù
e svanisce.
Ha due donne, una nel cuore della sua casa
un'altra nella casa del suo cuore.


Eccola ancora in questa secondo me composizione irresistibile:


Lo so
che non avrei dovuto
lasciare
che mi scoprisse i seni.
Volevo
solo
che vedesse
che sono una donna.

Lo so
che non avrei dovuto
lasciare che si spogliasse.

Voleva
che vedessi
che era un uomo.
Solo questo.

e ancora:

Sono la ladra di caramelle,
davanti alla tua bottega,
le mie dita sono diventate appiccicose
e non sono riuscita
a mettermene una sola
in bocca.


e poi quella che avrei voluto scrivere io :

Benedicimi libera,
e sii paziente
dinanzi al mio rifiuto.
Avvicinati quando
t'invito
e quando
ti trascuro,
impara ad aspettarmi.
Accetta che sia d'un altro
e impara l'amore.


e ultima ma non meno bella :

Dio fece la Terra in sei giorni,
e nel settimo giorno
si riposò,
poi quando prese a fare te
ebbe bisogno di migliaia di anni
e di milioni di uomini e di donne.

Dio fece la Terra in sei giorni,
e non so cosa fece
il settimo giorno,
ma quando prese a fare me
ebbe tremendamente bisogno...
di un uomo come te.

venerdì 7 novembre 2008

Amorevole sogno….sognante amore (sec. parte)


Il trillo del cellulare lo svegliò che era matido di sudore nonostante fosse inverno.

“Parlo con il figlio di Marta Valace?”

Il cuore gli scoppiò nel petto…. era morta….?

“Si, sono io” ansimò

“Sono l’anestesista del reparto di rianimazione. Sua madre è peggiorata…volevo avvisarla che quando verrà, stasera, la troverà intubata”

“Si può spiegare meglio? Non è morta vero?”

“No…ma è subentrato un problema cerebrale ed è stato necessario sedarla e farla respirare con il ventilatore automatico. Volevo solo avvisarla di cosa troverà.” E riagganciò senza farlo parlare.

Andò su internet e scrisse nel motore di ricerca “Intubare”. Su wikipedia apprese di cosa si trattasse.

Le lacrime cominciarono a sgorgare prima un modo sommesso poi sempre più dirompente.

Se moriva sua madre, cosa avrebbe fatto? Lei era tutta la sua famiglia. Non aveva fratelli, né padre il quale era morto, quando lui aveva tre anni, di incidente sul lavoro.

Si era creato un legame tra loro indissolubile, legame fatto di complicità ed amicizia.

Con le donne aveva un rapporto conflittuale. Quando si accorgeva che la relazione stava diventando troppo coinvolgente, le lasciava. Questa fobia, a detta di un suo amico psicologo, nasceva dalla convinzione che anche lui sarebbe morto giovane. Persuaso da questa errata raffigurazione mentale,

usava la madre come alibi. Quando si stancava della relazione le chiedeva di recitare la parte della madre possessiva e gelosa in modo tale da passare, agli occhi della malcapitata di turno, come un uomo succube. Lei spesso non era d’accordo perché nutriva il sogno di vederlo sposato e di avere per casa dei nipotini. Ma Federico non ne voleva sapere. “ Fai così perché non hai incontrato quella giusta….non ti sei mai innamorato…” gli ripeteva. E forse, anzi, sicuramente aveva ragione.

L’orario di ingresso pomeridiano era alle 19. Si sentiva ancora più teso della mattina, perché aveva letto su internet che per far tollerare il tubo oro tracheale, il paziente doveva essere sedato.

E così la trovò.

Un paio di pompe infondevano il sedativo, mentre il ventilatore respirava al posto suo.

Pianse di nuovo. Una mano gli toccò una spalla. Era la strega. La guardò con astio, mentre lei accennò un debole sorriso.

“Mi spiace per essere stata scortese stamane. Abbiamo avuto una mattinata orribile e per carenza di personale non sono potuta andare via.” si giustificò

L’odio di Federico improvvisamente sparì. “ Che l’è successo” chiese sapendo che l’interlocutrice

era in difetto e che questo le avrebbe sciolto la lingua.

“Ha avuto una emorragia cerebrale. Non posso dirle di più….poi il medico le darà maggiori informazioni.”

“Sente dolore?”

“Assolutamente no! E’ profondamente sedata.”

Federico riprese a piangere e la strega-non più tanto strega, si allontanò lasciandolo solo con il suo dolore. Un po’ gli spiacque. Avrebbe voluto qualcuno che lo consolasse. Quando era colpito da qualche angustia a tranquillizzarlo era sempre la madre. “E ora, chi lo farà?” si domandò piangendo ancora più forte.

La non più strega, tornò con un bicchiere di acqua e delle garze che lui usò per asciugarsi le lacrime visto che, come al solito, aveva scordato i fazzolettini di carta.

Sorrise porgendoglieli, mentre avvicinava con un agile movimento del piede, uno sgabello.

“Si sieda.” ordinò cordialmente e lui docilmente obbedì.

“Grazie, è davvero gentile.”

L’orario era terminato e doveva distaccarsi da sua madre. Da una parte ne fu contento. Non sopportava più di vederla così. Lei che era stata sempre viva e in salute, lei che non sarebbe mai uscita di casa senza un filo di trucco e i capelli sapientemente acconciati. Ora era lì. Pallida, spettinata, morta.

Il medico disse che aveva una massiva emorragia cerebrale, inoperabile. Non gli diede nessuna speranza.

“Quanto resisterà?”

“Non posso dirglielo. Un ora come un mese…..”

Ogni volta che parlava con il medico le ultime parole gli restavano scolpite nella mente.

Un ora come un mese!

Un mese…..

E il tempo infatti passò.