giovedì 7 luglio 2011

Boris Pasternak Dottore della poesia


Boris Leonidovic Pasternak, scrittore sovietico e grande poeta universalmente noto per il suo romanzo "Il dottor Zivago" (tradotto in ventinove lingue e venduto in milioni di copie), nacque a Mosca il 10 febbraio 1890 da una famiglia di intellettuali di origine ebrea. Il padre Leonid era pittore di fama e amico di Tolstoj, la madre Rozalija Kaufman concertista. Boris studiò inizialmente composizione al conservatorio e filologia all'università di Mosca ma poi si laureò in Filosofia, sempre nella medesima università. Segui poi a Marburgo le lezioni del filosofo neokantiano Cohen.

Esordì in campo letterario nel 1914 con una raccolta di poesie dal titolo "Il gemello delle nuvole", per poi dar vita ad altre importanti sillogi, come "Oltre le barriere", "Mia sorella vita", "Temi e variazione" e "Seconda nascita", in cui sembrò ricercare una scarna semplicità del verso e una misura classica, ben lontana dalle coeve esperienze futuristiche a cui lo scrittore fu inizialmente vicino. Si distaccò infatti dal futurismo sia per indole caratteriale (i futuristi, e le loro versioni russe erano artisti molto aggressivi), sia per inclinazioni artistiche, preferendo atmosfere intime, domestiche, quasi immemori della storia in cui il poeta si muoveva. Nei poemi "L'anno 1905" (1927) e in "Il luogotenente Schmidt" (1927) Pasternak affrontò tuttavia il tema storico alla ricostruzione della rivoluzione del 1905, proiettata però in una lontananza fiabesca, a cui si sovrappongono ricordi di infanzia e atmosfere delicate.

Le successive raccolte, invece, come "Sui treni mattinali", 1943, o "La vastità terrestre (1945), riflettono più da vicino e con modi più semplici la nuova realtà e le generose lotte del popolo sovietico. Autore anche di splendide prose, in parte autobiografiche, in molta della sua produzione si riconosce l'influenza della composizione musicale.

Sul piano politico, dopo aver partecipato al fervido clima intellettuale degli anni immediatamente seguenti alla rivoluzione, aderì alla rivoluzione russa, cercando di essere sempre leale con il regime pur senza nascondere le atrocità che questi commetteva. Dopo gli sconvolgimenti della rivoluzione Pasternak decise dunque di restare in patria, dove aveva un posto preminente tra i poeti contemporanei, ma cominciò a sognare un?altra Russia oltre quella sovietica, a vagheggiare cioè una Russia dello spirito, una Russia dell?anima, europea, universale. Contrastando il regime, prese posizione contro le terribili condizioni dei contadini collettivizzati e si premurò di intercedere presso Bucharin per salvare Osip Mandel'stam che aveva scritto un'ode contro Stalin. Mantenne inoltre costanti contatti con esuli e internati.

L'anno del distacco definitivo dalla politica culturale del partito avviene nel 1946, quando prende corpo il violento attacco contro gli intellettuali "deviazionisti e borghesi". In quello stesso anno, ironia della sorte, comincia la stesura del suo capolavoro "Il dottor Zivago", che gli procurò sicuramente un'improvvisa e vastissima notorietà mondiale ma anche anche moltissime grane.

Basti ricordare che il dattiloscritto, pur non essendo un'opera anticomunista, venne rifiutato dall?Unione degli Scrittori e non poté esser pubblicato in Russia, tacciato come "libello" antisovietico. Fortunatamente lo pubblicò in Italia Feltrinelli nel 1957 dopo varie e complesse traversìe editoriali (l'opera venne incredibilmente rifiutata da Calvino, lettore e consulente per Einaudi!). La critica occidentale accolse il libro trionfalmente, tanto che nel l958 a Pasternak venne assegnato il Premio Nobel per la letteratura.

La notizia fu considerata in Russia come un insulto alla rivoluzione e Pasternak accusato di tradimento, minacciato di espulsione. Il regime lo costrinse a rinunciare al Nobel che senz'altro, come riconoscimento, aveva una timbratura anti-sovietica, ma da quel momento in poi lo scrittore si chiuse in un amaro silenzio, rifugiandosi nell'esilio della sua dacia a Peredelkino, nei pressi di Mosca.

Il romanzo, sviluppando in un grandioso impianto narrativo apparentemente convenzionale il tema della fragilità dell'individuo e quello della solitudine dell'intellettuale nell'oscura violenza della storia, presenta una trama che si snoda nell?arco di mezzo secolo: inizia alla vigilia della prima rivoluzione del 1905 e si conclude con la fine della seconda guerra mondiale. Inevitabilmente tutta la vita dell?autore vi si rispecchia, anche se Pasternak negò sempre di aver fatto con Zivago un ritratto di se stesso. Vero è che il romanzo rappresentava la realtà del suo tempo dove agiscono una miriade di personaggi coi loro incontri e i loro scontri, una realtà ben attenta al quotidiano e che comprende come detto la prima guerra mondiale, la rivoluzione, la guerra civile. Una vicenda così complessa che risulta di difficilissima sintetizzazione. Inoltre, nel libro, Pasternak inserì come "poesie di Zivago" alcuni fra i suoi componimenti lirici più maturi.

Insomma, "il romanzo offre una ricostruzione della storia russo-sovietica dei primi tre decenni del secolo senza proporre giudizi, ma suggerendo un'alternativa spiritualistica, nutrita di sensibilità cristiana, alla versione univocamente eroico-materialistica offerta dalla letteratura ufficiale" [Enciclopedia Garzanti di Letteratura]..

Non va dimenticato che Pasternak è stato anche autore di mirabili traduzioni di Goethe, Verlaine, di molti poeti georgiani e di Shakespeare, nonché di un'autobiografia, pubblicata nel 1957.

Boris Pasternak visse gli ultimi anni rigidamente controllato dal regime e morì nel suo ritiro di Peredelkino il 30 maggio 1960. Osteggiato in vita e profondamente incompreso nel suo Paese, l'opera poetica di questo grande scrittore ha però indubbiamente esercitato un notevole influsso sui poeti russi meno conformisti delle generazioni successive.

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