venerdì 30 ottobre 2009

Sylvia Plath...............docet


Quando dai a qualcuno tutto il tuo cuore e lui non lo vuole,
non puoi riprenderlo indietro.
Se ne è andato per sempre"



«Ladra d'amore» di Sheenagh Pugh



Arriverò come una ladra se necessario,
con passo felpato.
Non forzerò un accesso,
ma ne troverò uno,
una finestra accostata.
Ci infileròdentro un dito,
e la aprirò piano piano
mentre tu dormi.


«Lei è» - Anamaría Crowe Serrano

È tutte le stagioni della tua gioventù
delle tue paure
delle tue speranze
tutte le rughe d’angoscia sulla tua fronte di mezza età.
Nel profondo della tua gola lei è tutti i nomi
che hai dimenticato
e i nomi che rimpiangerai.

Lei è la figlia perduta.
Il mare e il vento sono i suoi soli ricordi.
Lei canta.
Lei è carne e ossa
lei è posseduta, si è spossessata
lei è i demoni dell’ambizione
e del successo
quello che ami
quello che disprezzi.
Lei è la goccia che fa traboccare il vaso
la sintesi di ogni argomento
la tesi e la sua confutazione.
lei è la straniera, l’orco
la tua grazia salvifica.

Lei è conforto nel tuo letto
panico nel tuo sonno. Conferma la luna,
il viavai delle maree, lo scatenarsi delle tempeste, la mano
del grande amore delle favole.
Lei piange.
lei dice tutto
ed è dai più ignorata, insignificante
anche per se stessa.

Lei siede sulle spalle del mondo
a pensare a te
ed è muta.

Fragile - STING

On and on the rain will fall
Like tears from a star, like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are

giovedì 29 ottobre 2009

«Nunc et in hora», di Enrico Gregori (dalla rete)



"Ave Maria, gratiae plena...", recitava la suora dell'ora di religione.
La stanza del direttore era disadorna, tanto che il crocefisso e la foto del presidente Segni sembravano arredi.La suora continuava "dominus tecum, benedicta tu in mulieribus..." mentre i genitori di Elisabetta erano contriti davanti al direttore.
"È inammissibile, non è possibile - diceva - che vostra figlia abbia rovinato la sua compagna".
Susanna, quella brava. Quella educata e seria che aveva tutti 8 e 9. E che i compiti non li passava mai. Ed era bella, lei. Con i vestiti alla moda, lei. Sembrava una di quelle bambine che andavano allo "Zecchino d'oro" e che le mamme sognavano di avere come figlia.
E la suora continuava "et benedictus fructus ventris Christus Iesus".
Persino il crocefisso e Segni sembravano guardare severi Elisabetta, nell'ufficio scolastico sempre più simile a una sagrestia. Per lo squallore e per l'odore.
"Perchè? Perchè?", chiedeva la madre di Elisabetta.
Susanna era altrove, con i genitori che l'accarezzavano mentre lei singhiozzava convulsa davanti allo specchio.
"Santa Maria, mater Dei..."
Elisabetta non piangeva. Lei odiava. Odiava la scuola, la stanza, il crocefisso e il presidente. Odiava anche suo padre e sua madre che recitavano la parte dei genitori della bimba cattiva.
"Così impara", riuscì a dire Elisabetta.
E il direttore cominciava a compilare il foglio delle punizioni, punizioni esemplari per il buon nome della scuola.
"...ora pro nobis peccatoribus..."
"Eccole", disse il direttore. E mise sulla scrivania le trecce di Susanna. "Vostra figlia gliele ha tagliate, l'ha deturpata".
Due ciocche lunghe di capelli intrecciati con un fiocco nero che, ora, sapeva di nastro a lutto.
"...nunc et in hora..."
Nemmeno una lacrima, Elisabetta. Una vendetta e un ghigno. "Ben le sta, è cattiva. Quella è cattiva".
"...nostrae mortis..."
Ma se avesse chiesto scusa, se si fosse pentita ecco. Prima o poi a scuola ci sarebbe potuta tornare.
Elisabetta guardò tutti, sorrise alla foto di Segni e al crocefisso.
"Amen", disse. E a scuola non tornò più.
Anni dopo, tanti anni dopo, la trovarono al laghetto dell'Eur. Sotto a un ponte e con una siringa nel braccio.
"Nunc et in hora nostrae mortis...".

Stella di mare

Le stelle marine erano considerate una piaga dai pescatori di ricci perché esse erano solite mangiare questi organismi. Per liberarsene, una volta pescate, le tagliavano a metà e le rigettavano in mare. Per la loro particolare capacità di rigenerazione (ogni braccio contiene tutte le strutture anatomiche presente nella stella intera) tuttavia, esse erano in grado di ricostruire la parte mutilata diventando così il doppio di quante non fossero. Per questa sua facolta mi sento molto simile alla stella marina, nonostantante i tentativi di mutilazione rinasco sempre da me stessa , intimidita all'inizio e poi sempre piu forte.

Perfidia di donna


Vuoi il mio cuore?
Piuttosto me lo strappo dal petto con le mie mani e lo butto via.

Il rimprovero -Erich Fried



Ho letto
che cos'è una madre riuscita:
"Una madre che sa lasciare andare via il suo bambino
quando è cresciuto"

Allora io bambino sessantenne
dico alle ceneri nel mio studio
"Non sei stata una madre riuscita
ti sei ben guardata dal lasciarmi andare"

Le ceneri restano mute
nell'urna in camera mia
Le ceneri non rispondono
sono incallite


Ai miei figli e come monito a me stessa

There is another sky, di Emily Dickinson

And there is another sunshine,

Though it be darkness there;

Never mind faded forests, Austin,

Never mind silent fields -

Here is a little forest

Whose leaf is ever green;

Here is a brighter garden,

Where not a frost has been;

In its unfading flowers

I hear the bright bee hum;

Prithee, my Brother,

Into my garden come!

(Emily Dickinson)



C'è un altro cielo,

sempre sereno e bello,

e c'è un'altra luce del sole,

sebbene sia buio là -

non badare alle foreste disseccate, Austin,

non badare ai campi silenziosi -

qui è la piccola foresta

la cui foglia è sempre verde -

qui è un giardino più luminoso -

dove il gelo non è mai stato,

tra i suoi fiori mai appassiti

odo la luminosa ape ronzare,

ti prego, Fratello mio,

vieni nel mio giardino!



«Come fare a sedurmi», di Lytton Bell



Sii capace di piangere senza sforzo o vergogna.
Ama tua madre.
Fuma erba in cortile.
Fa' tardi alle riunioni di lavoro perché ti sei fermato
per ammirare un pettirosso.
Indossa stoffa scozzese.
Pulisciti gli occhiali con l'angolo della camicia blu
rivelando dolci occhi marroni.
Lascia che ti confessi tutto
dolcemente all'orecchio.
Cita Shakespeare parlando
del più e del meno.
Cita Blake durante i preliminari.
Incantami con la nudità delle tue parole.

Sbatti la verità sul tavolo, nuda.
Sbatti me sul tavolo, nuda.

Ficcami la lingua in gola.
Tienimi i fianchi con tutt'e due le mani.
Chiudi gli occhi.
Dammelo tutto
e quando avrò gridato il tuo nome
fammelo sussurrare.

Pensa a me (qual è la parola che usi?)
perpetuamente.

Fammi amare perfino le ingiustizie del passato
perché mi hanno portato a questo momento.

Mostrami quel che mi sono persa
finché non hai sorriso.
Sii solo te stesso.
Sono aperta.
Potrei morire per questo
ma senza di questo
non vivrei pienamente.

Mandami qualche segnale
col capo, con gli occhi, con la mano. Gemi
per dirmi se hai capito.

«Affidarsi», di Franz Krauspenhaar




Vorrei tenerti sotto un sole
sparito nel nulla, nel pianeta
dei nostri desideri rossi.

Stellari. Vorrei sentire il fruscio
della tua bocca sul cuscino
delle mie piccole mani salde.

Vorrei che ti affidassi a me.
Che fossi ad occhi chiusi,
respirando il mio sale,
la mia pelle di uomo maturo
la mia ansia e la mia forza
di vivere. Vorrei che fossimo
insieme nel mondo, senza spazi
chiusi, o soltanto stanotte,
tra le nostre mani, nell’intreccio,
nel susseguirsi di baci che colpiscono
al petto; sono “effet revolver”
di emozioni sfinite, fino al mattino.
Noi dentro di noi, io dentro di te.

Come perla e conchiglia, come virus
e infezione, come malattia e danno
e saliva e labbra e lingua e occhi,
e i nostri sessi che sembrano dire
e dire: le parole di qualcosa che non
so pronunciare. Che sta dove forse
il tabacco è finito, la birra è sfumata,
e nulla più conta, e le strade si perdono
e l’abbandono è seriale; e la mosca
al naso contende la vittoria
alla tigre. Se tu scendi tra le scale
e mi raggiungi sotto al fuoco.
Se scaldi tutti questi decenni
in un fiotto d’amore, anche uno
anche per sempre uno. Restio
a dare l’anima se non al diavolo,
con te abbandonerei le ali falcate
del pipistrello; per rabbia, e vendetta.

Fabbricami, fammi sentire nuovo
il corpo come scudo emerso,
come nicchia per l’amore duro
come foto delle nostre menti
come tassello di un ricamo
monstre; e come corazza
di lino, come mare a otto,
come stampo convesso
d’ogni risoluzione.

Forse, un approdo.
C’è chi non dice mai “sempre”,
o che l’amore è solo una parola
solo la somma di zeri, e minuti
predati. La mia storia è cosa tua,
è un fascio di fogli, nervi, maglie
di bronzo, come ai cavalieri antichi
si bardava il corpo, per l’attacco.

Seminami come zizzania, se alla fine
non saremo capaci. Pietà sarà la dura
conquista, nel caso dello zero, del meno.
O stupirsi: di essere vivi insieme.
Di coltivare, di tenere la barra a dritta.

.......


“A volte mi chiedo che cosa stiamo aspettando.
[Silenzio]
"Che sia troppo tardi, Madame."

Baricco – Oceano Mare


....e poi l'oblio




Quando crescono i figli, non li tieni più in braccio
Ma diventi un ostaggio, per il loro futuro
E si alza quel muro che non c’era mai stato
Che segna il confine tra presente e passato…
Quando crescono i figli non ti danno più retta
Hanno sempre ragione, vanno troppo di fretta
Sanno dirti soltanto “Buonanotte o Buongiorno”
E ti accorgi che è meglio… se ti levi di torno…
E allora ripensi ai tuoi genitori
La tua insofferenza ai loro timori
Ma basta aquiloni o castelli di sabbia
Il mondo era là fuori
Tu dentro una gabbia...
E tutto ritorna ma cambiano i ruoli
La scuola, lo scooter, gli amici, gli amori
I figli ne fanno di tutti i colori
Vai fuori di testa
Ma poi li perdoni...
Quando crescono i figli c’è uno scontro diretto
Tra le loro esigenze e il tuo mare d’affetto
Chi si crede più grande, chi si sente più vecchio
Ma poi ti guardi allo specchio
E quel ragazzo davanti ai tuoi occhi… sei tu…
E gridi a te stesso…
Che tutto ritorna ma cambiano i ruoli
La scuola, lo scooter, gli amici, gli amori
I figli crescono ti tagliano fuori... Ma in ogni cosa che fanno
Sai che c’è sempre una piccola parte di te…
E anche se poi se ne vanno...
Sai che c’è sempre una piccola parte di te...

mercoledì 28 ottobre 2009


Notti trasparenti
come sete d’oriente
e sempre intravedo
il tuo volto,
mille volte dipinto,
prezioso di penombre.

giovedì 22 ottobre 2009

Vento


Soffia via il mio dolore

sollevami ,disperdimi!

Théodore Monod L'avventura umana


pagina 15

Senza paura...

Senza paura, lasciando dell'uovo la tiepida cella,
Larva bizzarra e insignificante,
Inconscio abbozzo, fuori dalla matrice gettato,
Hai dovuto, giocando d'azzardo,
Nascere senza paura

Senza paura, nelle mattine dorate e i mezzogiorni,
In pieno sole o sotto l'uragano
si deve, nel frastuono dei tuoni maledetti,
Di fronte ai gridi dei demoni, le nebbie, il miraggio
Vivere senza paura.

Senza paura, venuta la sera dall'ombra violetta
- Oh vecchio cuore infine consolato -
Dovrai, mollando gli ormeggi alla cieca
Per offrire al riflusso il tuo scafo abbandonato
Morire senza paura.

Orfana di un abbraccio mancato.

Parole non pronunciate
rimangono qui per te.

Gesti cristallizzati nel tempo,
come formiche in lacrime d'ambra.

Orfana di un abbraccio mancato.


LONTANANZA di S.Scandolara


Sempre vicini,
ognuno nel pensiero dell'altro,
nell'abbraccio più bello,
nell'abbandono più dolce,
nell'ardore più forte.
E restare dovrà
questo atroce tormento,
nel desiderio di noi
in un estasi eterna di poesia,
d'amore,
di vita.

Natalie Merchant



"Dai uno sguardo al mio corpo
guarda le mie mani
è come se stessi diventando intoccabile.
Sono un fiore che si spegne lentamente
nella gelida ora mortale
il dolce che diventa aspro
e intoccabile.
Ho bisogno dell'oscurità, della dolcezza, della tristezza, della debolezza
Ho bisogno di questo. Ho bisogno di una ninnananna, di un bacio della buonanotte
angelo, dolce amore della mia vita.
Ho bisogno di questo.
Ricordi il modo con cui mi toccasti prima?
Tutta la dolcezza tremante, che ho amato e adorato
delle tue promesse salva faccia
sussurrate come preghiere, io non ne ho bisogno.
Bene, adesso è abbastanza buio?
Riesci a vedermi?
Vuoi vedermi?
Puoi raggiungermi?
Oh sto partendo.
E' meglio che tu chiuda la tua bocca
che trattenga il respiro
che mi baci
ora afferra la tua morte.
Ho bisogno di questo. Ho bisogno di questo"

mercoledì 21 ottobre 2009

Comprensione


Ogni giorno, per ragioni professionali, entriamo in contatto con decine di persone. Un'umanità varia, composta da clienti difficili, dirigenti nevrotici, colleghi permalosi, selezionatori inflessibili, collaboratori svogliati, partner commerciali diffidenti... Un mare di seccature. Oppure d'opportunità! Tutto dipende dalla nostra capacità di farci valere, di creare motivazione ed empatia, di comunicare in modo chiaro, efficace, persuasivo.

Nelle stesse ventiquattr'ore siamo chiamati a sviluppare, a vivere e a proteggere gli affetti importanti della nostra vita. Un mare di gioia oppure di sofferenza. A seconda che riusciamo, o no, a creare relazioni profonde e armoniose con le persone che amiamo.

IPSE DIXIT .... NIETZSCHE


"Madre dell'eccesso non è la gioia, ma la mancanza di gioia. "



Equilibrio Instabile-Stadio


Ho bisogno di sentirmi utile
Lo faccio per me
Voglio darmi delle regole
Per assomigliare a te
Non mi voglio vulnerabile
Alla tua mercè
Ho bisogno di un codice
Ed anche di un perchè

Vivo un equilibrio instabile
colleziono illusioni
in questa vita così labile
io sono le mie canzoni...

Sono un lusso una contraddizione
sono il popolo e il re
sono servo e signore
il baro ed il croupier

Ma vivo un equilibrio instabile
io colleziono illusioni
in questo mondo così labile
io sono le mie canzoni

E vivo un equilibrio instabile
lui lui non sente ragioni
sono un equilibrista abile
schiavo delle mie emozioni,
ehhhh le mie emozioni...

E vivo un equilibrio instabile
io colleziono illusioni
in questa vita così labile
io sono le mie canzoni
sono un equilibrista abile
schiavo delle mie passioni..."

martedì 20 ottobre 2009

“Al calar della sera” DI NATALIA CASTALDI


Sull’orlo delle ciglia in oblìo
riproducimi il verso delle stelle
quando si vanno a scagliare
tra le ipotesi passate
di un presente privo di memorie.
Raccogli le mie penne
e gettale al fiume
ché non c’è seme di conoscenza
che non germini nel dolore.

Avanza l’autunno nel calpestìo delle foglie sul selciato
ed é un passo appena abbozzato
al calar della sera.




Ti svegli un mattino e sai che niente e’ come prima,

sai che tu sei diverso…

e cerchi di non pensare e cerchi di non ricordare

Vorresti che il tempo non fosse passato …

e ricordi che un giorno ci hai creduto

l’amaro sapore che hai in bocca altro

non e’ che la somma dei tuoi errori

Prendi una sigaretta dal pacchetto e leggi:

Fumare uccide, come se vivere fosse uno scherzo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Leggere poesie - eric fried


Chi
da una poesia
si aspetta la salvezza
dovrebbe piuttosto
imparare
a leggere poesie

Chi
da una poesia
non aspetta alcuna salvezza
dovrebbe piuttosto
imparare
a leggere poesie.

lunedì 12 ottobre 2009

Te - Erich Fried


Te
lasciarti essere te
tutta intera
Vedere
che tu sei tu solo
se sei
tutto ciò che sei
la tenerezza
e la furia
quel che vuole sottrarsi
e quel che vuole aderire
Chi ama solo una metà
non ti ama a metà
ma per nulla
ti vuole ritagliare a misura
amputare
mutilare
Lasciarti essere te
è difficile o facile?
Non dipende da quanta
intenzione e saggezza
ma da quanto amore e quanta
aperta nostalgia di tutto-
di tutto
quel che tu sei
Del calore
e del freddo
della bontà
e della protervia
della tua volontà
e irritazione
di ogni tuo gesto
della tua ritrosia
incostanza
costanza
Allora
questo
lasciarti essere te
non è forse
così difficile


dedicata a Vittoria e Carlo, con motivazioni diverse
e a chi spero sappia leggere le mie motivazioni

giovedì 8 ottobre 2009

Soltanto non sarebbe - Eric Fried


La vita
sarebbe
forse più semplice
se io
non ti avessi mai incontrata

meno sconforto
ogni volta
che dobbiamo separarci
meno paura
della prossima separazione
e di quella che ancora verrà

e anche meno
di quella nostalgia impotente
che quando non ci sei
pretende l’impossibile
e subito
fra un istante
e che poi
giacché non è possibile
si sgomenta
e respira a fatica

La vita
sarebbe forse
più semplice
se io
non ti avessi incontrata
soltanto non sarebbe
la mia vita.


domenica 4 ottobre 2009



“Tu sei come la notte,
taciturna e stellata
di stella
è il tuo silenzio,
così lontano e semplice”.

avviso ai naviganti

Ribadendo che, chiunque si trovi casualmente o scientemente a visitare questo blog e' sicuramente il benvenuto, e' gradita la collaborazione di tutti coloro volessero apportare un loro contributo al fine di migliorare e far crescere il blog stesso, cosi come le critiche e gli eventuali consigli.
Tengo a precisare che vorrei che i commenti non avessero carattere personale, a tale scopo ritengo possiate e io stessa possa usare altri mezzi.
Mi piacerebbe che il blog conservasse le sue peculiarità , che nascono dalla mia personale esigenza di espressione e comprensione, per la quale non ritengo sia indispensabile mantenere un unico registro di comunicazione, per la quale qualsiasi tipo di narrazione dalla poesia al concetto filosofico, alle personali considerazioni è indubbiamente efficace ,mentre ritengo necessario mantenere il confronto sui contenuti .
GRAZIE

sabato 3 ottobre 2009

Eleonor


Le sere d’autunno mi ricordano te -
I boschi giacciono bui, il giorno si scolora
ai bordi dei colli in rosse aureole.
In un casolare vicino piange un bimbo.
Il vento se ne va a passi tardi
attraverso i tronchi a raccogliere le ultime foglie.
Poi sale, abituata ormai da lungo ai torbidi sguardi,
l’estranea solitaria falce di luna
con la sua mezza luce da terre sconosciute.
Se ne va fredda, indifferente, per il suo sentiero.

La sua luce avvolge il bosco, il canneto, lo stagno
e il sentiero con pallido alone melanconico.
Anche d’ inverno in notti senza luce
quando alle finestre vorticano danze di fiocchi
e il vento tempestoso, ho spesso l’ impressione di guardarti.
Il piano intona con forza ingannevole
e la tua profonda e cupa voce di contralto
mi parla al cuore. Tu la più crudele delle belle donne.

La mia mano afferra alle volte la lampada
e la sua luce tenue posa sulla larga parete.
Dalla antica cornice la tua immagine oscura guarda
mi conosce bene e mi sorride, stranamente.
Ma io ti bacio mani e capelli
e sussurro il tuo nome.

Dal diario: L’enigma di Amedeo


Amedeo, il figlio del postino, era caduto in depressione. “Stavo per vivere l’amore, l’amore vero, e lei si è data a un altro.” Queste o pressappoco le parole che si riuscivano appena a decifrare, tanto il suo mormorio lamentoso era sommesso e disperatamente interiore.

Da alcune settimane si era messo sotto il grande tavolo della cucina e non voleva muoversi di lì.
Suo padre al mattino consegna la posta e sua madre fa le pulizie alla scuola e allora mi sono offerto di stare ogni giorno accanto al ragazzo, senza mai dirgli nulla, solo ogni tanto accarezzandogli delicatamente il capo o versandogli nel bicchiere dell’acqua fresca.
“Lo faccia bere, lo faccia bere tanto.” Pareva avesse consigliato il medico al padre.
Dopo una diecina di giorni di silenzio condiviso, appena interrotto di quando in quando dal suo sommesso borbottìo, Amedeo, d’improvviso, ha incominciato a parlarmi, con voce chiara e distesa.
“Non posso uscire di qui. Quando cammino per strada d’improvviso si aprono nell’asfalto delle vere e proprie voragini. La strada incomincia a scricchiolare e davanti a me appare un buio abissale.
Certo le prime volte ho rischiato di caderci dentro in queste gigantesche buche. Ma da quando mi sono messo qui sono al sicuro.”
Mi verrebbe voglia di dirgli che io, ogni giorno, venendo da lui, non ho visto aprirsi alcuna buca e la sola cosa cui fare attenzione sono le macchine e i motorini che sbucano da ogni parte. Preferisco continuare a tacere e ascoltare le sue rivelazioni.
“Vedevo la gente camminare senza entusiasmo lasciandosi inghiottire con indifferenza e rassegnazione dai crepacci che si aprivano nelle strade e nelle piazze.
Qualche volta cercavo di avvertirli del pericolo, ma nessuno sembrava udire la mia voce.”
La mamma di Amedeo, quando torna dal lavoro non fa che piangere sommessamente e sbriga le faccende di casa scostando continuamente le lacrime che le bagnano il viso.
Oggi sono riuscito ad avvicinarla sul balcone.
“Signora, lei sa dove abita la ragazza di cui parla suo figlio?”
“Quale ragazza, non c’è nessuna ragazza. Il fatto è che lui stava preparando uno degli ultimi esami e quando entravo in camera sua lo sorprendevo a parlare con una presenza invisibile che lui chiamava Nina.”
Ho riflettuto su questa informazione della madre di Amedeo.
Sono andato all’Università, facoltà di psicologia, e nel cortile affollato ho cominciato, camminando qua e là a chiamare “Nina.”
Di tanto in tanto qualche ragazza si girava verso di me con aria interrogativa ma non era adatta al mio scopo.
Finalmente ho incontrato la vera Nina. Le ho spiegato il mio piano e siamo andati a casa di Amedeo.
La ragazza si è chinata sotto il tavolo e ha detto:
“Amedeo, sono Nina. Cosa fai lì sotto?”
“Niente.Cercavo il coperchietto della penna, aspettami, vengo subito.”
I due sono usciti di casa insieme e si sono avviati giocando teneramente sul lungo viale e finalmente nessuna voragine si apriva più di fronte a loro.

giovedì 1 ottobre 2009

"Autunno"di Emily Dickinson



Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa non è più nella città.

L'acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch'io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello.


Senza che tu lo sappia - dal diario di Silvano Agosti


Tu sei forse ciò che mi resta
Da imparare della vita
se offri risposte
Che nessuno
Osa dare.
Tu
Che mi offri la nudità del silenzio
Senza mai chiedere nulla in cambio

E sciogli i legami della musica,

Come fa il vento, coi rami
Di salici e betulle.
Ora so bene
Che se dio fosse Donna
Sarebbe più facile

Ospitarlo nel cuore
Come accade con te

Giorno dopo giorno
Con immutabile delizia.
Quando gli sguardi svaniscono
E ci uniamo nell’incanto,
ogni volta per sempre.